“Assoluti, felici, indenni da morbosi pensamenti platonici sopra la sensazione, i suoi cromatismi dicono un pittore saldo in una propria sapienza, in grado di assoggettare con tranquillità il disordine e la viralità della biologia al proprio gusto per la modularità e per una luce senza tramonto.
De Santis riesce in una prassi compositiva in cui i più falliscono: servirsi della simmetria sventando ogni banalità in essa latente, e sospettiamo che ciò accada perché in lui non si tratta di avarizia inventiva aggrappantesi alla ripetizione, bensì di potente cognizione del ripetersi delle forme per l’intero universo.

La sua titolistica – Dialogo simbologico, Arena, Confronto – suggerisce un’attenzione continuata alla convivenza umana: un’attenzione che tuttavia non intristisce in moralismo – con le sue trite, inani denunce – e che mai cede a rattrappirsi in solipsismo, ma al contrario solleva le dicotomie politiche dallo squallore dell’odio e dell’irrazionalità biliosa e le apre – verrebbe da dire guarendole – ad una serena diurnità di colori, ad un comporsi degli stordenti balletti degli atomi di cui è fatta la nostra sporca realtà mortale in un ordine astorico, atemporale ma non algido.
La molecolarità violenta e sozzamente istintuale della compagine sociale viene dalla sua arte guadagnata ad un’armonia che nessuna dirompenza parrebbe potere alterare. E anche quanto vi è di biologico nei suoi stilemi compositivi – e non è poco – non richiama mai brulichìi pestilenziali o minacciose forze parassitarie, bensì una equilibratissima disponibilità della vita alla sovrabbondanza morfologica ma al contempo all’ordine.
E’ una biologia che acquisisce senza sforzo – e, crediamo di poter affermare, inconsapevolmente – la sicurezza ritualistica delle stilizzazioni bizantine; che anziché avvilirsi sulla sporcizia del vetrino, si organizza pacificamente secondo le modularità dell’astrazione; che riesce a dare conto dei grandi numeri dei quali sono costituiti le collettività e le generalizzazioni – quali potrebbero essere la nazione, il corpo, le forze politiche, la realtà – con un atomismo nient’affatto freddo o gratuito, con una sorta di Divisionismo sottratto alla teoresi e speso in pura felicità di essere, di vedere, di agire pittoricamente”.

 
 

J. SHALMANESER - “Silicio, le forme non permangono”, 2012

ANTOLOGIA CRITICA - A Critical Anthology

giustino de santis